domenica 30 novembre 2014

Di fronte al pittore estinto, alle sue tele, disegni, sculture

Rimane un materiale cospicuo del pittore Mariano Noto*, diverse tele, alcune datate altre no, sculture diverse, disegni, una raccolta di bozzetti e progetti risalenti al periodo scolastico. Un materiale ricco e articolato che attraversa diversi decenni, dai lontani anni Sessanta fino ai Novanta. Ricostruire la figura e il valore del pittore Mariano Noto non è facile, c’è qualcosa di irrisolto nel suo lavoro, si badi, non d’immaturo, e c’è come uno schermo opaco che ci rende ancora più intrigante una possibile indagine. Ma, infine, è sufficiente soffermarci sulla finezza del disegno, l’uso del colore (penso a quei turchesi di vesti femminili), cogliendo solo gli aspetti formali presenti nelle sue opere? L’opacità è determinata certo dalla distanza tra chi adesso ne scrive e il pittore, che è una differenza, una differenza-risorsa da cogliere e sfruttare per rendere più ricco il commento. Perché il mio non può che essere un breve, forse utile (a Mariano Noto, soprattutto, io spero) commentario.   

Primo commento
Mariano Noto nasce a Monterosso Almo in provincia di Ragusa il 29 Aprile del 1939. Vive gran tempo della sua vita di giovane e adulto alla borgata di Siracusa a pochi passi dal sepolcro di Santa Lucia, in una modestissima casa a pianterreno di via Fratelli Sollecito. Sono sicuro di averlo visto solitario aggirarsi nella bella piazza, che è “ripresa” in una delle sue straordinarie tele con applicazioni a collage. E’ originario dunque di un paese della montagna iblea. I soggetti e i paesaggi del pittore richiamano l’origine di nascita (maternale) quanto le origini magne (storiche) della città che adesso vive e guarda con stupore. C’è un che di pensoso in certi suoi quadri (Il giovane che legge al tempio d’Apollo – 1965), un modo di porsi di fronte alla realtà non per calcolo, ma per declinarla nelle varie desinenze del sentimento poetico attraverso l’atteggiamento del soggetto (la posa, molto classica, ma di un classicismo scomparso-ricordato), attraverso la tenue luce e le vibrazioni cromatiche: una sottile malinconia che ci fa venire in mente, come un richiamo, Konstantinos Kavafis. In un altro quadro non datato una figurina femminile seduta su un muretto è altrettanto pensosa, ma la scena è agreste.

Secondo commento
Chi è Mariano Noto? La persona è schiva, è umile, ma al pittore non manca la coscienza del suo talento: la raffinatezza nel segno grafico fa pensare a studi seri e attenti, alla passione per il disegno coltivata fin dai tempi della scuola d’arte. Ci restano numerosi disegni, bozzetti, progetti del periodo scolastico che denotano oltre che un talento non comune per il disegno e le lumeggiature (schizzi a matita), una vivacità inventiva e la ricerca di un segno grafico leggero e moderno (figurine). C’è qualche tentativo di passare all’informale e all’astratto (Macchie nello spazio, Massime impressioni).
La sua produzione si snoda, come s’è detto, lungo l’arco almeno di quattro decenni: tanti i nudi femminili, com’è nella tradizione. Ve ne sono alcuni in cui alla grazia e alla posa classica si sovrappone un che di popolare (nelle pose, nei volti), diversi di particolare bellezza e intensità, altri venati da sottile erotismo; alcune madonne con bambino dove in alcuni casi l’azzardo risiede nella stranezza tutta zingaresca del volto della Madonna.

Terzo commento
Le pitture con applicazioni di figure a collage. Forse più recenti, di sicuro belle. L’aggettivo risulterà asciutto, non ne trovo un altro. Belle. Forse ci fanno capire di più di questo pittore, degli estenuanti tentativi di collocare le figure nel paesaggio sia esso urbano che rurale, un disagio questa volta risolto con sottile ironia: stranianti gallerie di figure poste nei luoghi dal pittore frequentati, attraversati quasi da sonnambulo.  Mariano Noto si richiama all’emozione prima suscitata dalla realtà. In questo senso è un pittore realista. Traduce gli impulsi sensibili in rapporti pittorici. Il suo è un realismo lirico. Non trasfigura la realtà, perché questo processo presuppone un prima: vederla in maniera obiettiva. La intravede, invece, nella  lontananza della luce dei suoi occhi.

Quarto commento
Di lui dice Giuseppe Di Giacomo dell’omonima fonderia artistica in bronzo: “…poche volte ci è stato dato di vedere, come nel caso di Mariano Noto, un lavoro tanto squisito e di sì pregevole sensibilità artistica”. Invero l’artista si forma come scultore e a ben vedere si avverte la scuola e la perizia consolidata di fronte ai suoi modellati. Sbaglia chi lo sente come neoclassico (fanno gioco i modelli scolatici e l’humus greco del terreno). Certe teste, policrome o dorate, parlano l’ibrida lingua derivante dal dialetto e da una tarda romanità (alla periferia dell’Impero), sconfinante nella devozione cristiana del popolo.
      
Quinto commento
Non so perché, ma credo che la madre del pittore sia stata una figura importante.

Quinto commento
La produzione di Mariano Noto, almeno quel che abbiamo modo di vedere, spazia dal 1965 al 1994 (un dipinto con applicazioni a collage è datato 18 settembre 1994 h 24). Nel mondo questi quattro decenni segnano nell’arte passaggi fin ora intentati:
Anni Sessanta. Fase caratterizzata da una profonda trasformazione del gusto, del costume, della moda, dello stile di vita; sono gli anni della Pop Art, dell’Arte Cinetica, della Minimal Art, dell’Arte Povera, di Fluxus, degli Happening;
Anni Settanta. La sperimentazione caratterizza questo decennio, politica e arte entrano in stretto rapporto, sono gli anni dell’Arte Concettuale, della Process Art, della Body Art e della Land Art, dell’Iperrealismo;
Anni Ottanta. Si esaurisce la fede nelle ideologie, si ritorna all’individuo. E’ il tempo del relativismo e del multiforme, ci si apre in arte ai contributi di artisti provenienti da culture non occidentali. Sono gli anni della Nuova Pittura, della Transavanguardia, del Neoespressionismo, di Haring e di Basquiat, del Neoconcettuale e della Nuova Scultura;
Anni Novanta. Multiculturalismo e arte post-coloniale. Sono gli anni dell’indagine di genere e sull’identità, di Post Human, dell’Arte Relazionale e della Postmodernità.

Quest’ultimo commento per dire che il pittore Mariano Noto dei fenomeni internazionali legati al mondo dell’arte non ebbe certamente piena consapevolezza. Raramente si ha coscienza della contemporaneità ed è certo che è più facile inquadrare ciò che succede a livello planetario o solo nazionale ad post.  Aldilà dell’isolamento relazionale-culturale da cui è difficile uscire quando si nasce e si vive in un certo contesto, Mariano Noto è pittore che  avverte i cambiamenti, i passaggi veloci del tempo che pur lasciano tracce del passato cui prestare attenzione. Egli prende dalla realtà cose che porta-trasferisce nel suo di mondo, grande o piccolo che sia, ma pur sempre un mondo.
Aldo Taranto

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*Mariano Noto, artista (Monterosso Almo, 29 Aprile 1939 – Siracusa 6 Gennaio 2014).

martedì 14 ottobre 2014


T-SHIRT

a cura di Aldo Taranto

28 Settembre - 12 Ottobre 2014 

MOON
(Movie Ortigia Out of Normality)

Via Roma 112
Siracusa


              
Corrado Agricola
Saverio Bertrand
Carlo Coniglio
Roberto Gallo & Andra Giuseppe La Neve
Laleña Kurtz
Helena Medrano
Sebastiano Mortellaro
Sandra Rizza
Scenapparente
Nadia Trovato & Walter Silvestrini



Le onde
Gli dèi
Gli atleti
L’incendio
Gli uomini

Le onde
Onde del mare, onde sonore, onde magnetiche, onde eteree. Suoni, parole, segni, segnali. Colori. Coda del pavone-Angelo messaggero. Cibo-sesso. Pubblicità. La t-shirt è una cosa seria. La t-shirt è una cosa. Un oggetto che mostra sé stesso: un oggetto-soggetto che dice alla stregua dei vasi votivi pre-greci di sicana memoria. Parole-immagini, colori-segnali. Cartelli. Avvisi. Inviti. Seduzioni. Prendimi. Mangiami. Odorami. Me ne fotto. Tranelli. Etica-estetica. Labirinti. (1)

Gli dèi
Gli dèi. I semi-dèi. Gli eroi. Le corazze dorate. Gli scudi. Le statue greco-romane mozzate: T-shirt ideale. Origine del termine t-shirt: la T della forma della maglietta, la T di Training, la T di tee (amputee). Divinità antiche, divinità moderne. Eroi antichi, eroi moderni. Miti. James Dean, Marlon Brando, il Che. Figure. (2)  

Gli atleti
Il corpo dell’atleta. Il disegno del corpo. I muscoli. La gloria. Non coprire, mostrare. L’imprescindibile rapporto con il corpo umano della T-shirt. Tatuaggio-corpo, corpo-tatuato. Esplosione, contrazione. Forza. La squadra. La tribù. Il singolo. Agone. Agonia. Gli atleti-guerrieri. Marines. (3)

L’incendio
L’incendio. L’urto. Il proiettile. Il bersaglio. Draghi e fiamme.  In un pugno stringo la maglietta. Il tramonto dell’ideologia. Gli anni ’60. L’intimità esposta (ossimoro). I gay. Le lesbiche. Il femminismo.  I neri. Il sesso libero. L’identità. Il genere. La nuda nudità, a volte. Mettere la vita a nudo. Margine di segretezza. L’intimo si rivolta, l’intimo si mostra, da sotto a sopra. Il privato è politico. Il pane e le rose. La t-shirt diventa tale quando cessa di essere un capo intimo. Distinzione-appartenenza. Seguire l’esempio o differenziarsi fino all’eccentricità? Esistenza come oggetto di elaborazione e di percezione estetica. Trans-etico-estetico. (4)

Gli uomini
Gli uomini. Il poema e il tempo. Fatum. (5)




(1) Si allude qui all’universo di segni, segnali, messaggi in cui l’uomo è immerso. Coprendo la sua nudità l’uomo si apre intenzionalmente al rapporto con l’altro/i. L’indumento è la nuova superficie di contatto.
L’indumento è superficiale, come la pelle, ma è sia luogo di emersione di ciò che sta sotto (dentro) che schermo di proiezione di ciò che sta fuori (sopra). L’indumento T-shirt è come una seconda pelle che riesce a dirci qualcosa di chi lo indossa in maniera ancor più intenzionale. E’ un segnale semovente sempre presente nei diversi orizzonti urbani. La pronipote della maglietta intima di cotone ridisegna il corpo, lo dimostra. Dapprima solo bianca o a righe, diviene superficie da riempire. Per dire di sé, dichiarare, espandere, contrarre. Per far propaganda, testimoniare il quotidiano. Per manifestare il senso di appartenenza, per distinguersi. Come i segnali e i messaggi emessi in natura da piante e animali, le T-shirt emettono richiami seducenti, lusinghe sessuali, offerte e domande…

(2) Eroi e divinità si rappresentano attraverso immagini, ma le diverse immagini delimitano singole figure. La T-shirt come oggetto di culto si deve soprattutto al cinema. Il contesto iniziale è quello degli anni Cinquanta quando si fa strada tra i giovani una forte esigenza di espressione personale in contrasto con le rigide forme sociali del tempo. Nuovi miti e nuove “divinità” si affermano, divinità in t-shirt, jeans e giubbotto nero di pelle. Ha inizio una lunga storia, la storia della t-shirt, che intersecherà fenomeni sociali, culture e subculture, sostanziata di figure mitiche del mondo del cinema, della musica, dello spettacolo e, infine, della moda.

(3) E’ interessante curiosare tra le ipotesi sulle origini della T-shirt. Gran parte di esse convergono sull’accreditare unicamente l’ambiente militare come effettivo punto d’origine. Tra le tante storie si segnala quella secondo cui durante la Prima guerra mondiale i soldati americani avessero notato che quelli europei indossavano sotto l’uniforme una maglietta di protezione per il sudore e l’umidità. L’indumento intimo suscitò interesse da parte della Marina statunitense che lo adottò come adatto all’addestramento (training) e al lavoro. L’altro contesto in cui la T-shirt ebbe fortuna è quello dello sport, acquisendo un elemento nuovo: lo stemma.
  
(4) Il discorso riguarda l’estetica quanto l’etica, soprattutto a partire dagli anni ’60. Nel giugno del 1960 scoppia la rivolta dei giovani con le magliette a righe. Apparentemente disimpegnati ed individualisti (“ci chiamavano teddy boys”) dimostrano, scendendo in piazza, il contrario. Il gioco è tra il soggetto e la collettività, tra l’individuo e le organizzazioni. Lo scenario si illumina di nuove soggettività.

(5) Fatum. Questa parola antica lega il poema e il tempo, dipana le storie e le indirizza al futuro. In fondo la T-shirt è essa stessa metafora della vita degli uomini, uomini nella loro imprescindibile singolarità e nella pluralità di soggetti che come le onde sono sospinti da correnti invisibili. In fondo è l’uomo che stringe con il linguaggio la sua vita. Una frase, una parola, un’immagine da sole possono costituire l’antimateria del mondo. Ma vi sono ben altre cose al mondo che parlano. Dopotutto la natura, il mare, il fruscio degli alberi, gli animali, i volti parlano.




The waves
The gods
The athletes
The fire
Humanity

The waves
The  waves of the sea, sound waves, magnetic waves, ethereal waves. Sounds, words, signs, signals. Colors. Peacock's tail-Messenger Angel . Food-sex. Advertising. The T-shirt is a serious matter. The T-shirt is a thing. An object that shows itself: an object-subject that speaks, on par with votive vessels of pre-Greek sicana  memory. Words-images, colors – signals. Signs. Notices. Invitations. Seductions. Take Me. Eat me. Smell me. I don't give a fuck. Traps. Ethics-aesthetics. Labirynths. (1)
The gods
The gods. The demi-gods. The heroes. The golden armor. The shields. The Greco-Roman truncated statues: the perfect T-shirt. Origin of the term t-shirt: the T shape of the shirt, the T of Training,  the T of tee (amputee). Ancient divinities, modern divinities. Heroes of old, modern heroes. Myths. James Dean, Marlon Brando, Chè. Figures. (2)
Athletes
The athlete's body. The design of the body. The muscles. The glory. Do not cover, show. The essential relationship between the human body and t-shirts. Tattoo-body, body-tattooed. Explosion, contraction. Force. The team. The tribe. The single. Agone. Agony. The athletes-warriors. Marines. (3)
The fire
The fire. The bump. The projectile. The target. Dragons and flames. In a fist I clench the shirt. The decline of ideology. The 60's. Intimacy exposed (oxymoron). Gays. Lesbians. Feminism. Blacks. Free sex. Identity. Gender. Naked nudity, at times. Baring life. The edge of secrecy. The intimate is turned inside-out, the intimate is shown, from top to bottom. The private is political. Bread and roses. The T-shirt becomes such when it ceases to be underwear. Distinction-membership. Follow suit or distinguish oneself to the point of eccentricity? Existence as an object of processing and of aesthetic perception. Trans-ethical-aesthetic. (4)
Humanity
Humanity. The poem and time. Fatum. (5)
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(1) Reference is made here to the universe of signs, signals, messages in which humanity is immersed. Covering ones nakedness a person intentionally opens to the relationship with the other/s. The garment is the new contact surface. The garment is superficial, like skin, yet it is a place of emergence for what lies beneath (within) as well as a projection screen of what's outside (on). The garment as T-shirt is like a second skin that can tell us something of the wearer in an even more intentional way. It is an ever-present, self-propelled signal  in the varied urban horizons. The great-granddaughter of the cotton undershirt, it redesigns the body, exhibits it. At first only white or striped, it becomes a surface to fill. To talk about oneself, to declare, to expand, to contract. To propagandize, to give witness to the quotidian. To express a sense of belonging, to stand out. As the signals and messages emitted naturally by plants and animals, T-shirts emit seductive calls, sexual enticements, offers and questions ...
(2) Heroes and gods are represented through images, but the various images show single figures. The T-shirt as an object of worship is owed primarily to the cinema. The initial context is that of the 1950's when the youth feel a strong need for a means of personal expression which contrasts with the rigid social norms of the time. New myths and new "deities" affirm themselves, divinities in T-shirt, jeans and black leather jacket.  A long history begins, the history of the T-shirt, which intersects social phenomena, cultures and subcultures, substantiated by mythical figures of the world of cinema, music, entertainment and fashion.
(3) It is interesting to investigate the hypotheses about the origins of the T-shirt. Most of them converge on accrediting solely the military environment as its actual place of origin. Among the many stories, there is that which tells of American soldiers during World War I who had noted that the Europeans wore a t-shirt under the uniform to protect against sweat and moisture. The undergarment attracted interest from the U.S. Navy which adopted it as appropriate for training and for work. The other context in which the T-shirt was lucky is that of sports, acquiring a new element: the coat of arms.
(4) The question is as much about ethics as it is about aesthetics, especially since the 60 's. In June 1960 there was the revolt of the young people with the striped shirts. Seemingly noncommittal and individualists ("there were called teddy boys") they demonstrate otherwise, by demonstrating.  The game is between the person and the collective, between the individual and the organization. The scenario is illuminated with new subjectivity.

(5) Fatum. This ancient word connects the poem with time, spreads out the stories and directs them toward the future. After all the T-shirt is itself metaphor for the life of women and men, in their inescapable singularity and in the plurality of the subjects which, like waves, are moved by invisible currents. After all, it is the person who clasps her or his life with language. A phrase, a word, an image; alone they can constitute the anti-matter of the world. There are many other things in the world that speak...nature, the sea, the wind in the trees, the animals, faces...all speak.


 
VAM

  23 maggio – 7 giugno 2014

ARCADIA UNIVERSITY
via Roma 124

CASA DEL LIBRO ROSARIO MASCALI
via della Maestranza 20

CENTRO CULTURALE MOON
via Roma 112

S I R A C U S A


corrado agricola  /barbaragurrieri/group  saverio bertrand  filippo di sambuy 
germana falco  giovanni fava  salvatore ferrara  laleña kurtz filippo leonardi max mensa
 francesca nobile  roberta montaruli  sebastiano mortellaro  cristina moscuzza
 sandra rizza  mela salemi  giuseppe scognamiglio  walter silvestrini  aldo taranto


Diciannove artisti chiamati a realizzare singolarmente un’opera ciascuno, per una mostra rivolta ai bambini. Non una mostra a tema o a vocazione didattica (se non implicita), né dedicata ai bambini: è una mostra che, nell’idea e nella pratica, immagina, predilige e ricerca un pubblico di bambini. Posta la platea, spetta agli artisti misurarsi con essa: misura per misura, parafrasando Shakespeare.



L’arte è spettacolo?
(Spettacolo = dal latino spectaculum, derivazione da spectare ovvero “guardare”).

L’arte degli ultimi decenni (l’arte cosiddetta contemporanea) salta dal guardare al riflettere e dal riflettere all’esperire per tornare al guardare. Guardando, lo spettatore entra nell’opera e la comprende. “Comprendere e creare vanno di pari passo” (Nelson Goodman, Vedere e costruire il mondo). Un comprendere che è“crescita in acutezza” (un progresso nel capire).  Se c’è spettacolo, c’è uno spettatore, come in teatro. Chi gli spettatori? Nel mondo della produzione il prodotto si volge al target. Ci si chiede: per chi? Saperlo vuol dire centrare l’obiettivo: vendere, capitalizzare. Siamo nel solco tradizionale della distinzione tra produzione e consumo. Ma l’arte non è una merce per il semplice fatto che la sua forma è oscillante dalla materialità al contesto, ovvero “sono gli spettatori che fanno i quadri” (Marcel Duchamp). Il senso dell’arte, cioè, nasce dalla collaborazione, la negoziazione, la relazione tra l’artista e colui che viene a vedere l’opera. La spettacolarizzazione, la logica dello spettacolo rientra nei cambiamenti inerenti la globalizzazione economica che tende a trasformare in elementi di consumo le funzioni base della nostra vita quotidiana, ivi comprese le relazioni umane. L’arte cerca di spezzare la logica dello spettacolo per lo spettacolo, per un nuovo spettacolo: il mondo come esperienza da vivere. Per VAM - vietato ai maggiori gli artisti pensano ad un preciso spettatore, ad un pubblico di bambini. Questo sposta il loro modo di operare, li “costringe” ad una “negoziazione” con colui che verrà a vedere l’opera: lo spettacolo si misura con lo spettatore. L’artista si dà al suo pubblico di bambini e i bambini si danno all’arte come esperienza da vivere. Le Istituzioni museali rivolgono programmi e progetti ai bambini per avvicinarli all’arte. I musei d’arte contemporanea istituiscono al loro interno sezioni didattiche, fanno incontrare i bambini direttamente con gli artisti. VAM si inscrive in questo ambito ma con una modalità diversa: la didattica è implicita, non dichiarata. L’avvicinamento è nell’esperienza che il pubblico si da come pubblico.

La mostra si disloca in diversi siti di Ortigia ed è pensata come percorso che li unisce
e li mette in relazione.



Nineteen artists, each called to realize a work of art, for an audience of children. Not an exhibit with a theme or with the goal of teaching (if not already implicit), not dedicated to children: it is a show which, in the idea and in the reality, imagines, prefers and seeks an audience of children. Given the orchestra, it is up to the artists to take this into account, measure for measure, paraphrasing Shakespeare.


            Art is spectacle?
                                     (spectacle = From the Latin spectaculum, deriving from spectare — "to watch").

The art (so-called contemporary art) of the last decades jumps from watching to reflecting then from reflecting to experiencing and then returns to watching. Looking at the work, the viewer enters it and understands it. "Understanding and creating go hand in hand" (Nelson Goodman, Seeing and building the world). An understanding which is "growing in intensity" (progress in understanding). If there is entertainment, there is a spectator, as there is in theater. Who is the audience? In the world of manufacturing the product is directed at a target. The question is: for whom? Knowing this means arriving at the goal: to sell, to capitalize. We are in the traditional wake of the distinction between production and consumption. But art is not a commodity for the simple fact that its form shifts from materiality to the context, or, “the viewers are the ones who make the paintings" (Marcel Duchamp). The sense of art is, more accurately, a collaboration, a negotiation, a relationship between the artist and the person who comes to see the work. The entertainment factor, the logic of the spectacle, is a part of the changes inherent in the economic globalization that tends to transform the basic functions of our daily lives into consumer items, including human relations. Art attempts to nullify the logic of the spectacle-for-the-sake-of-spectacle, for a new spectacle: the world as an experience to be lived. VAM-restricted to minors. Here the artists imagined a precise audience, an audience of children. This simply shifts the way they operate, "forcing" them to a "negotiation" with the person who will come to see the work: the show is measured by the viewer. The artist gives herself to the audience of children and children give themselves to art as an experience to be lived. Museum institutes hold programs and projects for children in order to bring them closer to art. Contemporary art museums establish within them educational sections, they introduce the children directly to the artists. VAM inscribes itself in this realm but with a different modality: teaching is implied, not stated. The rapprochement is in the experience that the public has as a spectator.

The exhibit is hosted by Arcadia University, Casa del Libro Mascali, and MOON Cultural Center, acting as a journey or a route that connects them and puts them in relationship with one another.

i-n-v-e-r-t-e-r
da un’idea di Saverio Bertrand
a cura di Aldo Taranto

Ex Convento del Ritiro
Siracusa

13 Aprile / 4 Maggio 2014



LALEÑA KURTZ - SEBASTIANO MORTELLARO
MELA SALEMI – MAX ZARRI
SAVERIO BERTRAND – GIOVANNI FAVA
GIUSEPPE BOMBACI – SANDRA RIZZA
GERMANA FALCO – AURORA MICA
MAX MENSA – ALDO TARANTO

6 coppie di artisti: ciascuno espone se stesso all’altro recuperando le energie creative in un moto reciproco, suono di richiamo, l’uno dell’altro e all’inverso.

                                                                                                                                                       


Ogni mostra è una possibilità circondata da molte altre possibilità che vale la pena di esplorare.
(Marcel Broodthaers)
inverter è. In quanto macchina di produzione, produzione e consumo in coincidenza, essendo inseparati i momenti del produrre e del consumare,  inverter è. E’ un circuito energetico, non però definito in chiusura, ma indefinito. Il senso dell’arte è ricercato fuori dalla divisione produzione/mercato. Mercato-scambio di cosa? Di modi di produrre, di sospensioni emotive, di stili di vita. Faccio mercato della forma dell’esistenza rendendo visibile, nei gesti, nel corpo, nella maniera di vestirmi, nella maniera di comportarmi e di vivere, la verità stessa. In tal modo ci si “espone” sorprendendosi. Non il desiderio di sorprendere dunque, ma di sorprendersi. Macchina-desiderio di esporsi. Macchina di produzione in quanto frizione di identità. Non un dispositivo per cui l’alternanza io-tu è legge. Nel flusso inverso non c’è alternanza di soggetto-oggetto, di io-tu. C’è “in mezzo” uno spettacolo, nell’intervallo io-tu. Dov’è l’arte mia? Dove l’arte tua? Mi sorprendo a trovarla dove non pensavo che fosse, dove non volevo cercarla. La macchina-desiderio non limita i dati al confronto, non li cede alla biologica seduzione del contagio-contaminazione, nel transfert la macchina-desiderio cede al transfert.

I senza-mercato soffrono il non senso e il confine stretto dell’intimo dialogo: l’arte è l’amoroso, l’amato sé, il narciso specchiato - danza esangue ed entropica.    

Oggi si va per mode, anche ieri. La moda è l’attuale che si detta, per cui ogni cosa che si fa deve vestire l’abito dell’attualità, di quel che detta. Ma una cosa è il vestire un’altra l’indossare. Il mio corpo indossa, il vestire sta all’indossare come il consenso della cultura sta al coraggio dell’arte nella sua barbara verità.
Aldo Taranto